Il Lago Maggiore non è solo un luogo da ammirare e di cui scrivere poesie. Per molti anni e per molte persone il lago è stato fonte di vita. Lo sanno bene i pescatori che, giorno dopo giorno spingendo la loro barchetta tra le acque cristalline, andavano a cercare fortuna con reti e ami nella speranza di tornare a riva con tanti pesci da mangiare e da rivendere.
I più immagineranno una vita tranquilla per questi instancabili lavoratori ma a Sesto Calende sanno bene che dietro la più umile delle figure si può celare una grande storia.
Proprio a Sesto Calende, secoli e secoli orsono, viveva un pescatore. Trascorreva i suoi giorni andando a pesca e godendo della compagnia della moglie e dei loro due bambini.
Un giorno il pescatore tornò a riva più stanco del solito, era impaziente di tornare a casa e in fretta ormeggiò la barchetta. Mentre svolgeva le rituali operazioni una luce brillò nel cielo. Era la luce di Venere, che nell’aria del tramonto vibrava vivace e seducente. Il pescatore si fermò un istante ad osservare l’immagine che si apriva davanti ai suoi occhi: il lago maestoso illuminato dalla luce rosea di Venere. Perso nei suoi pensieri si stupì non poco quando da quel bagliore vide emergere la figura di una donna.
Il pescatore indietreggiò lentamente, lasciando che la dea Venere in persona avanzasse sulla sabbia bianca.
La Dea era bellissima, la pelle candida, capelli lunghi e neri. Era nuda e sorrideva al pescatore. La passione li travolse e felici si gettarono l’uno nelle braccia dell’altra.
Per giorni e giorni la passione continuò a divampare incessantemente. Il pescatore e Venere si incontravano al tramonto e si scambiavano parole d’amore.
Vinicia, la moglie del pescatore, notò un cambiamento nel comportamento del marito ma decise di non darvi troppo peso.
Un giorno il pescatore, come di consueto, si recò al lago pronto ad iniziare il suo lavoro ma, d’un tratto, una nuvola nera e minacciosa si avvicinò. Dalla nuvola sbucò Giove che, furioso per aver scoperto la storia clandestina di Venere, era sceso in terra per punire il mortale che aveva osato portargli via la donna tanto desiderata. L’ira di Giove si scatenò con forza, travolse il pescatore che venne trasformato in drago.
Quando, al tramonto, Venere accorse al lago per incontrare il suo uomo scoprì che lui non era lì ad aspettarla. Al suo posto c’era una mostruosa creatura. Venere immediatamente capì chi quel drago in realtà fosse. Pianse disperata, urlò e scalciò. Presto nacque in lei un forte desiderio di vendetta. Il suo piano era distruggere l’intera terra poiché non era stata in grado di nasconderli alla gelosia di Giove.
Accarezzando dolcemente la testa del drago, Venere gli diede da mangiare delle strane erbe. Erano erbe malefiche che alimentarono il fuoco che il drago conservava nelle viscere. Venere diede ordine al drago di bruciare e distruggere tutto ciò che circondava il lago. La creatura si librò da terra e iniziò a sputare fuoco su alberi e case.
Le fiamme presto giunsero ai confini di Sesto Calende, i bambini spaventati desideravano fuggire via ma Vinicia era preoccupata per il caro marito che quel giorno non era tornato dal lago, insisteva per rimanere un po’ più a lungo. Quando la situazione divenne però insostenibile, tenendosi per mano, scapparono più veloce che poterono. Fiamme e fumo, tuttavia, furono ancora più veloci e in poco tempo lambirono le loro vesti.
Vinicia disperata, in un ultimo ed estremo tentativo, si gettò sui suoi bambini cercando di proteggerli con il proprio corpo, proprio come avrebbe fatto una chioccia con i suoi pulcini. Le fiamme li divorarono e la morte sopraggiunse sulle loro anime innocenti.
Per tre giorni la tempesta di fuoco divampò nelle vicinanze del Lago Maggiore. La mattina del quarto giorno, finalmente le fiamme si spensero. I profughi di Sesto Calende tornarono sui loro passi per cercare eventuali sopravvissuti e soccorrerli. A metà strada scorsero al suolo la figura di una donna. Era Vinicia, accovacciata a proteggere i suoi bambini. I corpi carbonizzati giacevano tra le ceneri.
All’improvviso una luce accecante abbagliò i loro occhi, il corpo di Vinicia e dei bambini sparì, al loro posto comparve invece una gigantesca chioccia d’oro e due piccoli pulcini, anch’essi d’oro.
E’ proprio a causa di questa leggenda che le mamme di Sesto Calende, quando i loro figlioletti chiedono come sono nati, rispondono di averli trovati sotto la chioccia d’oro. Un nobile modo per lodare l’estremo atto d’amore e coraggio di una mamma verso i propri figli.
in Cantastorie
Ott30
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