Feb28
Una sorta di diario eterno: ecco come si può definire oggi la Basilica di San Giulio, situata sull’isoletta di San Giulio, nel Lago d’Orta. I graffiti che sono stati ritrovati oggi sono una prova tangibile di come la storia più bella, a volte, venga raccontata silenziosamente, con un pennino sottile su un affresco di una chiesa antica.
Un luogo sacro in cui restituire la sacralità del tempo che passa, che scorre inesorabile e che non cancella la vita umana.
Siamo nei secoli XV- XVI- XVII, ovvero in quel periodo storico in cui, ormai usciti da tempo dalle nefandezze e dall’austerità del Medioevo, il mondo si stava preparando ad un’epoca nuova, fatta di scoperte e di interessanti rivelazioni. In molti si sono chiesti come mai delle persone presumibilmente colte, date la loro bravura e precisione nella scrittura, si siano avvicinati a questi affreschi per raccontare di tutto, dalle storie di paese più divertenti fino ai fatti storici più eclatanti. Forse l’isola iniziava ad essere stretta ai suoi abitanti che volevano lasciare un ricordo di sé o forse, molto più probabilmente, per dare libero sfogo alla propria fantasia e alla propria abilità nella scrittura.
Quel che è certo è che lì, nello stesso luogo in cui gli affreschi venivano graffiati, si tenevano importanti cerimonie religiose, a volte forse troppo lunghe persino per i magistri, i “maestri” che dedicavano la loro attenzione verso le pareti di quell’enorme Basilica. Cosa oggi si può evincere da quei graffiti? Sicuramente il modus operandi di quell’epoca, un tempo in cui si provava a lasciare un segno tangibile educato, rispettoso, quasi in punta di piedi, senza farsi notare. Colpisce, tra i graffiti, la storia di una giovane fanciulla di Borgomanero indemoniata oppure, ancora, la storia di un furto di candelabri avvenuto sul posto. Non mancano racconti di fatti storici importantissimi, come la storia di epidemie e pestilenze che avevano devastato il territorio o ancora alcune notizie sulla guerra dei Trent’anni.
Questo celebre diario è stato scritto nei secoli, come un’opera eterna che non ha mai avuto fine. I magistri, anche dopo la loro morte, tramandavano questa importante eredità ai loro successori, come se la morte non fosse altro che un passaggio verso qualcosa di nuovo, nella più profonda accezione religiosa del cattolicesimo. Gli affreschi, seppur graffiati, venivano rispettati nella loro bellezza più autentica. Ciò si evince soprattutto dal fatto che i visi raffigurati negli affreschi non sono mai graffiati e tutto quello che veniva scritto era sempre fatto su vestiti e spazi vuoti, per lasciare alla sacralità del luogo la grandezza dell’arte umana.
Questo insegnamento dei nostri avi dovrebbe far riflettere oggi, nell’epoca in cui tutto è distruzione, anche per chi vuol farsi notare e diventare in un certo qual modo “famoso”. In quel tempo non c’era spazio per “l’io” e la grandezza delle parole non aveva firme, ma solo memoria. Oggi è l’isola di San Giulio la protagonista, l’erede assoluta di una fortuna storica immensa che parla di episodi di vita vissuta, di battaglie e di alleanze, di furti e di gesti d’eroismo, il tutto in maniera silenziosa e delicata, proprio come il paradiso naturale che la ospita.
in Cantastorie
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